Dall'ultima riunione GIPCI - ottobre 2022 - Fondazione Mariani
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Dall’ultima riunione GIPCI – ottobre 2022

Sindromi genetiche e Paralisi Cerebrali Infantili: convergenze e divergenze

Relazione tenuta il 30.09.22 dai dott. Chiara Pantaleoni, Stefano D’Arrigo e Claudia Ciaccio
(Sintesi a cura di L. Tornetta)

In analogia con gli altri disordini del neurosviluppo, anche nelle Paralisi Cerebrali Infantili (PCI) è emergente l’interesse per la ricerca di una base genetica nella predisposizione alla patologia, senza negare la necessità di una causa definita. Vengono riportati i risultati di uno studio pubblicato nel 2021 su Dev Med Child Neurol “Genetic testing in individuals with CP”, che conclude con l’ipotesi di una eziologia multifattoriale, perché il danno acquisito spesso è noto nel 60% delle anamnesi, anche se l’asfissia è una delle cause solo per meno del 10% delle PCI, e mentre 2/1.000 bambini presentano una sofferenza ipossica, solo 0,3/1.000 presentano esiti neurologici. Nel 40% dei casi inoltre non è possibile riconoscere una causa determinante.

Si parla dunque di possibile ereditabilità nel 40% dei casi e sono note situazioni in cui più membri della stessa famiglia presentano una PCI.Frequentemente, inoltre, un bimbo con PCI ha associazione con altro disordine del neurosviluppo, per i quali sappiamo esserci un imprinting di tipo genetico: infatti in più del 40% dei casi l’associazione è con ritardo, autismo ed epilessia. L’ipotesi, dunque, è quella di una fragilità genetica predisponente, anche in chi subisce un’ipossia e presenta degli esiti. A sostegno di tale ipotesi uno studio pubblicato nel 2020 su Nat Genet come reserch update evidenzia come, nel 14% dei bimbi con PCI studiati con EXOME, sia presente una variante genetica o predisponente il danno o causa del danno.

In caso di malattia genetica c’è infatti una maggiore difficoltà nell’affrontare la gravidanza e soprattutto il parto, con incremento del rischio di sofferenza pre- e perinatale. Analogamente, in caso di sindrome genetica e di insulto ipossico, è più difficile il recupero e quindi è più alto il rischio di un danno con esiti a distanza.

Quali sono i campanelli di allarme che possono indirizzare verso una ipotesi genetica alla base della PCI?

  • Storia gravidica e perinatale non significativa
  • Consanguineità o famigliarità positiva
  • Dismorfismi (almeno tre del volto e non solo del volto, per cui va misurato e visitato,aspetti malformativi viscerali)
  • Accrescimento staturo-ponderale alterato (sia iper che ipo accrescimento)
  • Evoluzione clinica migliorativa (tipica delle sindromi genetiche, se c’è un peggioramento è necessario orientarsi verso altre cause neurodegenerative)
  • Quadro clinico non congruo con neuroimaging

Ci sono alcune determinate condizioni genetiche che possono tuttavia mimare una PCI, soprattutto nelle fasi iniziali. Nel 90% delle sindromi genetiche sono infatti presenti ritardo psicomotorio e disabilità intellettiva, nel bimbo piccolo spesso associate a ipotonia, ed è proprio questo segno a sovrapporsi maggiormente con le PCI. Le malattie metaboliche in genere hanno un coinvolgimento clinico più importante, con segni piramidali, extrapiramidali e cerebellari. Poi ci sono le distonie genetiche, le atassie genetiche e le altre malattie eredo-degenerative. Esempi di sindromi che possono indurre problemi di diagnosi differenziale, tratti dalla pratica clinica, sono:

  • Sindrome di Pitt Hopkins, Angelman like: ritardo globale, aspetti caratteristici del volto, irregolarità del volto, respiro con apnea iperpnea, stipsi stinata, RM con assottigliamento del corpo calloso (mutazione de novo in eterozigosi TCF4:c.1727G>A (p.Arg576Gln)
  • IQSEC, disordine del neurosviluppo X- linked, con ritardo psicomotorio molto grave, sindrome ipotonica, microcefalia secondaria, epilessia esordio 18 mesi, RM di norma (mutazione IQSEC: p.Ser316Argfs*4, materna)
  • Glutarico aciduria tipo I: macrocrania relativa, lievi dismorfismi, tetraparesi mista per lo più distonica, rm con pattern tipico di alterazioni dei BG iperintensi e rigonfi, ematomi subdurali (mutazione GCDH riscontrata a 21 m: GCDH:c.262C>T in omozigosi)
  • SCA29 non progressiva, atassia cerebellare con evoluzione migliorativa, ritardo psicomotorio, S. Atasso-spastica, RM con tipica atrofia vermiana superiore e cerebellare (mutazione de novo in eterozigosi ITPR1:c.805C>T – p.Arg269Trp)

Giungere a una definizione diagnostica è importante perché per alcuni quadri, come la GCDH, è possibile una terapia.

In uno Studio WES – trio (su bambini e genitori), pubblicato su Jama, sono stati confrontati 2 gruppi: il primo caratterizzato da bambini con diagnosi di PCI, mentre il secondo costituito da adulti con precedente diagnosi di PCI. Nel primo gruppo la percentuale riscontrata di anomalie genetiche patogenetiche o presumibilmente patogenetiche è del 27%, e nel 94,3% dei casi si tratta di SNV (Single-Nucleotide Variants), non rilevabili con gli Arrays GCGH. Nel secondo gruppo la percentuale di varianti diagnosticabili scende al 5%, e questo dato è verosimilmente spiegabile con una minor accuratezza diagnostica dei quadri di PCI.

Quali diagnosi genetiche sono state riscontrate in questo studio?

  • Microangiopatia COL 4 A1 (emiparesi) 1,6% unico gene sicuramente causativo e quindi importante da ricordare
  • Encefalopatie epilettiche: STXBP1, (1,6%) KCNQ2 1,6%, GANO 1 (1,6%) SLC2A1 (GLUT 1)
  • Paraparesi spastiche famigliari: AP4E1, AP4M1, AP4S1, ATL1, SPAST, ATL1
  • Malformazioni cerebrali: lissencefalia, tubulopatie TUBA1A, agenesia CC/idroefalo congenito (L1CAM)
  • Rett/Rett o Angelman like: TCF4, MECP2, IQSEC2
  • Altre sindromi genetiche: Widemann-Steiner (KMT2A); ASXL3, Smith Magenis (del. 17p11.2)
  • Sindrome atassica con disordine neuroevolutivo: CAMTA1

Sono stati quindi illustrati quattro casi clinici esemplificativi della difficoltà di arrivare alla diagnosi di sindrome genetica rara; spesso sono necessari più approfondimenti diagnostici successivi, sulla base degli elementi precedentemente esclusi o sul manifestarsi di nuovi segni clinici. In particolare è da ricordare che alterazioni CTNNB1 (gene causale per neurodevelopmental disorder with spastic paraplegia and visual defect) hanno una prevalenza del 4% in bimbi con PCI; è il primo gene in letteratura considerato responsabile di quadri di PC. Dal punto di vista clinico il quadro che determina è caratterizzato da ipotonia iniziale che poi diventa paraparesi non progressiva, disabilità intellettiva, possibile disturbo comportamentale, dismorfismi del volto e alterazioni oculari varie.

Per quanto riguarda gli esami genetici, oggi a disposizione ci sono diverse possibilità, di cui è importante conoscere vantaggi e limiti:

  • cariotipo classico: oramai non è più un esame di primo livello, a meno di un sospetto specifico o quando il CGH-Arrays è negativo, perché identifica solo anomalie di numero dei cromosomi, alterazioni strutturali (traslocazioni bilanciate/sbilanciate, inversioni, ring) e grosse alterazioni delle dimensioni (delezioni o duplicazioni >10-15 Mb).
  • C.M.A (Chromosomal Microarray Analysis): è un esame qualitativo, comprende CGH-Array e SNP-Array che vedono la stessa cosa, ossia il profilo maschile o femminile, le alterazioni note correlata a una sindrome genetica, alterazioni rare con piccole microdelezioni o microduplicazioni per cui è necessario un esame sui genitori. Non vede però le anomalie bilanciate o il mosaicismo
  • NGS (Next Generation Sequensing): è un sequenziamento di nuova generazione, da considerare come il gold standard per identificare le alterazioni molecolari (mutazioni). Si tratta di pannelli che analizzano contemporaneamente molteplici geni coinvolti in quadri clinici specifici (es. epilessia, paraparesi, atassia). Dal punto di vista clinico è quindi più utile delle altre tecniche di sequenziamento quali WES (Whole Exome Sequencing) che analizza tutti i geni codificanti (circa 25.000), o WGS (Whole Genome Sequencing) che analizza il DNA codificante + quello non codificante. Queste ultime due tecniche sono utilizzate solo a scopo di ricerca, in quanto la mole dei dati da analizzare è enorme e poco utile dal punto di vista diagnostico, se si considera che solo 1,5% del nostro DNA è codificante e meno dell’1% delle mutazioni cadono al di fuori dei geni codificanti.
  • MLPA (Multiplex Ligation Probe Amplification): identifica solo le grosse delezioni/duplicazioni intrageniche troppo piccole per essere identificate al Microarray e troppo grandi per essere viste con il sequenziamento. Vede però un solo gene, pertanto è da considerarsi un secondo step da richiedere dopo il sequenziamento, quando il sospetto diagnostico specifico è molto forte.

Dal punto di vista clinico è fondamentale un’accurata valutazione dismorfologica, con l’utilizzo di una nomenclatura standardizzata, in modo da consentire la riproducibilità delle informazioni e il filtraggio delle varianti. Per maggiori informazioni in merito si può fare riferimento all’AMJG “Elements of Morpholog: Standard terminology…”, oppure a Human Phenotype Ontology: https://hpo.jax.org

Metodologicamente si procede nella ricerca e descrizione delle anomalie procedendo dall’alto verso il basso (fronte, sopracciglia, occhi, naso), quindi dal volto agli aspetti somatici (arti e corpo).

Valutare sempre anche i parametri di crescita (scarso accrescimento o iperaccrescimento sono indicativi di condizione genetica se non c’è target famigliare, identificato con la formula =(H madre + H padre)/2 + 6,5 per il maschio, o – 6,5 per la femmina). La Circonferenza Cranica (CC) va sempre valutata in rapporto all’altezza: per esempio nella S. di Silver Russel la CC è normale, ma in rapporto all’altezza è elevata, al contrario nella S. di Sotos sono entrambe elevate, mentre nel PTEN la CC è maggiore rispetto all’altezza. Attenzione a non considerare patologica una variante etnica (esempio macrocefalia nelle popolazioni africane, o epicanto in popolazioni sudamericane o cinesi). Come valore di riferimento si consiglia di utilizzare le curve di crescita dell’OMS, perché sono realizzate attraverso un mix di valori riferiti alle diverse etnie. È possibile usarle in automatico inserendo i dati nel sito web dedicato WHO SimulConsult.

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